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Museo dell'intreccio mediterraneo di Castelsardo

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Rivestimenti di bottiglie e sedie

Bottiglie

I preziosi intrecci che avvolgono le bottiglie, i fiaschi e altri contenitori per liquidi sono frutto della maestria femminile e maschile sarda, ma sono imposti dalla necessità di proteggere il vetro dell’oggetto e, conseguentemente, il suo contenuto. A San Vero Milis, nell’oristanese, l’arte dell’intreccio come involucro di bottiglie è tipica espressione della creatività popolare delle donne.

Queste utilizzano le sottili strisce della fibra del cipero, come rivestimento di fiaschi, bottiglie, caraffe e bicchieri, arrivando ad estendere la tecnica altresì su cofanetti, penne, astucci, etc. La preparazione delle fibre richiede un lungo e accurato lavoro di cernita delle fibre e di realizzazione degli intreccio: ordito fitto e omogeneo con steli disposti a raggiera; trama sottile, morbida, setosa ed esteticamente elegante con l’ausilio, in alcuni casi, di motivi geometrici (scacchiere, losanga, triangolo, spirale, greca), floreali (tralcio di vite, corona d’erba) e il caratteristico ballo tondo.

Sedie

La diffusione delle sedie come elemento dell’umile arredamento familiare sardo, è databile dalla metà del XIX secolo, anche se queste erano presenti in numero assai ridotto rispetto ad altri mobili ritenuti di necessità primaria.

Le sedie avevano caratteristiche peculiari: basse e con fondo intrecciato in fibra vegetale, differente in base alla zona di realizzazione (lisca maggiore, giunco, culmi di grano, palma nana etc). L’intreccio del fondo era una pratica necessaria e richiedeva una manutenzione costante per via della facile usura delle sedute. Sia le donne che gli uomini erano specializzati in questa attività: la fibra veniva lavorata e ritorta ancora umida attraverso l’ausilio di intrecci semplici. La tessitura iniziava ad angolo con ancoraggio della fibra alla struttura in legno, poi procedeva a formare un’unica cordicella centrale e la chiusura al centro della seduta.

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