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Museo dell'intreccio mediterraneo di Castelsardo

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Intreccio nel mondo

Il ricco e multiforme repertorio di materie prime vegetali per l’intreccio richiama tempi molto antichi. Primitivo è l’utilizzo della canapa (Cannabis Sativa), del lino (Linum usitatissumum), del cotone (Gossypium) e della ginestra odorosa (Spartium junceum) utilizzate dall’uomo primitivo per tessere abiti che dapprima riparassero dagli agenti climatici e dalla nudità, e poi evidenziassero, grazie anche alla scoperta delle tinte naturali, l’eleganza e la bellezza di un determinato status sociale. Fondamentale è anche l’erba palustre denominata papiro (Cyperus papyrus), tipica del delta del Nilo e di molte aree del Mediterraneo. Dall’intreccio di sottili strisce di papiro deriva la carta, l’innovativo supporto scrittorio che ha facilitato il sistema della scrittura e la diffusione di documenti antichi e fatti storici. Appartenente alla famiglia delle Palmae è la Rafia, commercializzata e diffusa nell’Africa Sub-Sahariana, Madagascar, Sudafrica e Sud America. Con il termine Raphia si distinguono diverse specie di vegetali, tra i quali: la Raphia Regalis, con delle enormi foglie delle lunghezza anche di 20 metri. La rafia è una delle materie prime più note al mondo e anche una delle più versatili (dai legacci alle diverse forme della cestineria, dai cordami agli abiti tradizioni di alcune popolazioni africane). Un altro tipo di palma molto sfruttata in tutta l’Africa Sahariana e in quella Sub-Sahariana è la palma di Tebe (Hyphaene thebaica), sfruttata per vari lavori ad intreccio come la cestineria, le coperture di capanne, tappeti o stuoie, contenitori di alimenti e persino come recinzione per il ricovero di animali.

In ultimo è doveroso citare la Palma da dattero (Phoenix dactylifera L.), originaria del Nordafrica, dove e' ampiamente coltivata oltre che in Arabia  fino al Golfo Persico formando la caratteristica vegetazione delle oasi. Si coltiva inoltre nelle Canarie, nel Mediterraneo settentrionale e nella parte meridionale degli Stati Uniti.

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